Alatri terra di Ciclopi

alatri_piazzaAlatri è posta al centro della Ciociaria storica, fra le città di Ferentino, Frosinone e Veroli. Il suo territorio è suddiviso in due zone: la prima in cui sorge la città e risiede la popolazione, l'altra una spopolata zona montana posta oltre il comune di Collepardo al confine orientale del Lazio vicino all’Abruzzo. Il nome deriva dalla parola latina Aletrium, toponimo che risale al tempo degli ernici, popolo a cui la cittadina appartenne in età antica e che aveva colonizzato tutte le colline, nella parte orientale dell’attuale provincia di Frosinone, prospicienti la valle del Sacco.

Alatri è una delle città più ricche del Lazio meridionale quanto a beni artistici e culturali. Alcuni dei suoi monumenti, secondo gli archeologi del nostro secolo, vanno collocati tra gli ultimi tempi della civiltà ernica e l’inizio della dominazione romana.Oltre ai templi dedicati a Venere e Giove, di cui si conserva solo la memoria in alcune epigrafi, la città possiede una notevole cinta muraria e l’importante ed imponente acropoli.

 

 

La costruzione del gigantesco complesso dell’acropoli, ad Alatri chiamato comunemente civita, è stata realizzata mediante il taglio della collina calcarea per ottenere grandi blocchi, collocati ai piedi della collina stessa e fatti combaciare mediante opportuno incastro.Alatri___Mura_ciclopiche La grande acropoli, di forma trapezoidale, misura circa 19.000 metri quadrati, ed emerge oggi dalla via Gregoriana, costruita nel 1843, offrendosi come un’opera colossale. Lungo il suo circuito murario si aprono due porte: una di dimensioni ridotte, che immette sulla spianata dell’acropoli con una scalea in terna, e l’altra, maggiore, che è giusta mente considerata un monumento a sé stante per la sua imponenza. Elementi caratteristici di questo circuito sono le tre nicchie che precedono la porta maggiore: secondo gli studiosi servivano per con tenere le statue degli dei protettori della città. Dopo quest’ultima porta, la strada antemurale scende e si eleva il cosiddetto “Pizzale”, un alto sperone costruito da quindici grandi blocchi, rastremati verso l’alto che formano l’angolo orientale delle mura. La pietra angolare di base contiene un bassorilievo che è stato interpretato come un globo solare, in omaggio al sole che sorge da questo lato. Sull’acropoli c’era un grande tempio, i cui resti, probabilmente, sono stati reimpiegati per edificare costruzioni medioevali e la chiesa più importante di Alatri. E interessante la pagina del Gregorovius che descrive la civita: “un meraviglioso monumento ...di cui non trovasi l’eguale in tutto il Lazio ... Allorquando mi trovai dinanzi a quella nera costruzione titanica, conservata in ottimo stato, quasi non contasse secoli e secoli, ma soltanto anni, provai un’ammirazione per la forza umana... . Qui vediamo dinanzi a noi mura colossali di cui ogni pietra non è un grosso pezzo quadrato, ma un vero macigno di forma irregolare, e se ci domandiamo meravigliati con quali mezzi si siano potuti collocare tali massi gli uni sugli altri, si arriva ancor meno a comprendere come sia stato possibile incastrarli gli uni negli altri, in modo da non lasciare il minimo interstizio, producendo l’effetto di un gigantesco mosaico lavorato con la massiccia precisione. La tradizione attribuisce questo genere di costruzione degli antichissimi templi latini, ai templi di Saturno, e li sbalza addirittura fuori dal periodo della civiltà storica. . . .La loro vista sola basta a convincerci che una razza che poté costruire tali mura, doveva già possedere un’importante cultura e leggi ordinate”.

Porta_Maggiore_AlatriAlatri fece dunque parte della confederazione ernica, che aveva in Anagni la propria città sacra, anche se gli ernici partecipavano alle feste latine in onore di Giove e si schierarono con i latini contro i romani. Nei secoli V e IV a.C. la sconfitta militare delle popolazioni avversarie consentì a Roma di egemonizzare il Lazio. L’ultimo scontro avvenne durante le guerre sannitiche, quando la confederazione ernica si spaccò: Anagni si schierò contro Roma, mentre Alatri ed altre città rimasero fedeli agli antichi alleati. Gli ernici, sconfitti, nel 306 a.C., perdettero gran parte dei diritti che furono invece confermati dai romani ad Alatri e agli altri alleati. Dopo la legge Julia, la città ricevette un ordinamento pubblico ispirato alle istituzioni romane.

Nella storia di Alatri è degno di particolare menzione il censore L. Betilieno V. ricordato in una iscrizione databile fra ed il 90 a.C. L’epigrafe è piuttosto importante poiché testimonia l’opera di questo magistrato che fece eseguire diversi lavori pubblici durante il suo periodo di governo. Sulla tavola marmorea sono elencati i lavori realizzati: tutte le strade città, il portico che conduce e immette nell’acropoli, il piazzale per il gioco, l'orologio, il mercato, il completamento della basilica, i sedili, la vasca delle terme, il serbatoio per conservare l’acqua in città (alto ben 340 piedi), archi e tubi per l’acquedotto. Secondo Angelo Sacchetti Sassetti, il maggiore storico di Alatri Betilieno fece lastricare le strade della città, manufatto che ancora si ritrova in tatto a qualche metro sotto l’attuale pavimentazione. Il portico invece era una grande via coperta che consentiva ai cittadini di accedere all’acropoli e quindi al tempio principale della città. Gli altri lavori realizzati da Betilieno servirono a completare la rete dei servizi pubblici. Ma l’opera certamente più rilevante fu quella dell’acquedotto, le cui sorgenti erano poste molto lontano dalla città, nel territorio oggi appartenente al comune di Guarcino. In epoca romana il territorio era intensamente colonizzato dalle popolazioni che vivevano sparse in pagi. Ne sono prova i numerosi ritrovamenti archeologici, fra i quali tombe e templi dedicati a divinità diverse, uno dei quali è stato costruito in forme ipotetiche nel museo romano di Villa Giulia. L’insediamento sparso deve essere continuato per secoli, almeno fino alla drastica riduzione degli abitanti e al loro concentramento entro le mura della città per motivi di sicurezza. Se è leggendaria la fondazione della chiesa locale da parte dello stesso San Pietro, è sicuramente provato che nel VI secolo il Cristianesimo era ampiamente affermato nella zona ove veniva fondato un cenobio in area rurale. Secondo una pia tradizione, San Benedetto da Norcia sostò nel monastero durante il viaggio da Subiaco a Montecassino.

Alatri è coinvolta nelle controversie romane e laziali a proposito dell’elezione del vescovo di Roma, il quale, ben presto, acquista una reale giurisdizione sul Lazio. In questo periodo la città è ricordata da un diploma di Ludovico il Pio, nell’817, come posta ai confini della zona soggetta al papa. C’è un nuovo ordinamento del territorio, compaiono i consoli e i duchi, e ad Alatri se ne ricorda uno, Benedetto, il quale, in questi anni di profonda decadenza, riveste un ruolo eminente anche sulle località vicine. Durante i conflitti tra il papato e l’impero ottoniano, si mette in rilievo il cardinale Ugo d’Alatri, il quale, mentre i soldati di Enrico V assediano le navi ove è riparato papa Gelasio Il, non esita a salvarlo e a condurlo a riva nascondendolo nel Castello di San Paolo e Andrea. Forse per ricompensa Ugo viene nominato legato a Benevento. Un suo nipote, Pandolfo, scrive le vite dei papi Vittore III, Pasquale II, Gelasio I! Callisto II e Onorio Il. Alatri, mercé il suo vescovo, partecipa alle vicende dello scisma che pongono in contrasto papa Innocenzo I! e l’antipapa Anacleto Il.. Durante lo scisma si ha uno degli avvenimenti più sentiti della storia religiosa della città: l’arrivo delle reliquie di papa Sisto I da Roma. Secondo la leggenda, le reliquie vengono concesse agli abitanti d’ Alife, ma la mula, che porta il carico, prende la strada di Alatri e l’arrivo delle sacre spoglie fa cessare il morbo da cui era afflitta la città.

Negli anni in cui Roma si erige a libero comune, dichiarando decaduto il potere dei papi, la nuova forma istituzionale si diffonde in tutto il Lazio: ad Alatri compare nel 1173 e la magistratura dei consoli dura fino al 1241, quando viene eletto il primo podestà. Successivamente il comune diventa popolare senza una vera e propria svolta istituzionale poiché i poteri militari e di polizia sono già detenuti dai rappresentanti delle carcìe (i rioni in cui era suddivisa la città) strettamente legati al popolo. I problemi, comunque vengono sempre affrontati dal governo locale con la collaborazione dei vescovi e con l’appoggio dei papi. NeI 1186 la città, durante le lotte del papato contro l’impero, deve subire l’assedio dell’esercito germanico guidato dallo stesso imperatore Enrico VI ma esce positivamente dalla prova. Nei successivi conflitti fra Federico Il ed il papato, Alatri rimane ancora fedele al pontefice e stipula un trattato di mutua difesa con Roma.

Il Duecento è il secolo che maggiormente vede impegnato il comune in una politica d’espansione territoriale: nel 1232 contesta a Collepardo il possesso delle montagne attorno a Trisulti, nel 1240, approfittando della politica aggressiva di Federico Il, Alatri attacca Guarcino. Gli alatrini bruciano trecento case e , I’anno dopo, obbligano i collepardesi ad un transizione in forza della quale Alatri domina il piccolo borgo. Segno della sottomissione è il “ballo sacro” a cui sono obbligati i collepardesi nei giorni della festa del santo patrono alatrino, San Sisto. La festa si tiene il mercoledì dopo Pasqua: venticinque collepardesi sono obbligati a raggiungere Alatri, armati ed accompagnati da un piffero. Dopo aver deposto le armi, ballano per rendere omaggio ai magistrati cittadini e li accompagnano, sempre ballando, alla cappella di San Sisto.

L’ultimo paese ad essere aggredito è Ferentino, per il Castello di Tecchiena. Il conflitto per questo castello, non si sa se autonomo o in qualche modo dipendente da Alatri, risale al 1188 quando i ferentinesi bruciano il castrum.

Il contrasto tra il papato e gli ultimi svevi incide anche nella società locale creando divisioni fra le famiglie nobiliari: alcune parteggiano con gli svevi, altre si schierano con gli angioini. Partigiano di queste ultime è il cardinale Gottifredo, la cui famiglia, oriunda di Guarcino, è una delle più importanti di Alatri. Egli ha un notevole ruolo tanto che diventa podestà neI 1286 e per celebrare la sua carica, edifica nel luogo centrale della città un imponente palazzo.

La politica di espansione di Alatri continua sottomettendo Trivigliano e, durante la guerra dei vespri, aggredendo Vico.

In tutto il Duecento il comune di Alatri, pur riconoscendo formalmente la sovranità pontificia, sviluppa una politica autonoma.

La politica di aggressione e di espansione territoriale verso i vicini cessa solo quando violente discordie scoppiano tra le fazioni nobiliari della città. Malgrado l’intervento papale, le lotte civili durano fino aI 1296 quando la situazione è risolta con un’accorta azione giudiziaria.

Nelle agitate vicende conseguenti all’aggressione contro Bonifacio VIII, Alatri, in lega con Ferentino e diversi baroni dei luoghi, prima si schiera contro i Caetani, poi, ben presto, esce dalla lega per un rivolgimento politico interno. Nel corso del 1305 il partito nobiliare viene spodestato dagli artigiani e dai mercanti. Il popolo passa allora dalla parte dei Caetani e viene continuata la politica di espansione territoriale verso Vico e addirittura verso Frosinone: ambedue i castelli sono costretti a partecipare al parlamento di Alatri e a condurre guerra assieme al comune alatrino.

Il centro storico è tutto interno all’antico circuito murario megalitico che, nel lato meridionale, è stato allargato per con sentire l’espansione medioevale della città. Nel circuito, così come appare oggi, sono aperti sei varchi, di cui uno di recente, che immette direttamente alla piazza Santa Maria. Le porte antiche sono denominate San Benedetto, San Francesco, San Nicola e San Pietro perché vicine, o corrispondenti, alle omonime chiese, ancora esistenti o distrutte. L’ultima delle porte, l’unica che non ha un nome religioso è la Porta Portati che è fortificata per mezzo di un torrione posto di traverso rispetto alle mura. La Porta San Benedetto è piccola e non consente il passaggio al suo interno dei veicoli, è costruita con pochi grandi massi ed è l’unica a presentare un monolite per architrave. Porta San Francesco è stata ricavata, nell’Ottocento, aprendo un varco attraverso le antiche mura megalitiche, secondo il progetto dell’architetto Subleyras. Essa presenta un largo vestibolo costruito per aumentarne le capacità difensive. Non lontano è la Chiesa di San Benedetto. La Porta San Nicola è uno degli accessi medioevali alla città dalla parte orientale: attualmente è diruta e presenta tracce consistenti delle trasformazioni ottocentesche, realizzate su disegno del Subleyras. Porta San Pietro è rivolta a nord, verso il colle San Pietro ove sorgevano l’omonima chiesa e il convento.. Attualmente presenta imponenti mura laterali composte da macigni, a rammentare l’antica porta ernica denominata Bellona. Ai suoi lati si notano alcuni bassorilievi, probabilmente simboli fallici.